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Diocesi di Trieste: non va trascurata opinione dei genitori che vorrebbero un inizio scuola normale

scuola con divisori in plexiglas

Diocesi di Trieste possibilista su diverse soluzioni per un inizio di scuola non traumatico? Sembra ci sia la volontà di ascoltare anche chi vorrebbe “una apertura delle scuole esattamente nei medesimi termini della loro precedente chiusura, come se nulla fosse accaduto, posto che il virus raramente ha aggredito persone di giovane e, in particolare, di minore età”. Leggiamo la nota:


È ormai prossimo l’inizio del nuovo anno scolastico nei vari istituti di ogni ordine e grado, sia statali (di lingua italiana e slovena) che paritari della nostra Diocesi. Su invito dell’Arcivescovo, come Commissione abbiamo pensato di offrire alcune riflessioni che possano aiutare ad affrontare questo periodo quando il COVID-19 non è ancora debellato. Due sono i principi da salvaguardare: la tutela ed il diritto alla salute (con la conseguente responsabilità delle istituzioni nei confronti dei minori) e, dall’altro, il diritto degli stessi all’istruzione, all’educazione ed alla formazione. Coniugarli, nella presente situazione emergenziale, significa riaprire le scuole, ma in un contesto di sicurezza sanitaria: concetto facile da esprimersi, meno a tradurlo in mezzi operativi.

Soluzioni da proporre
In tale prospettiva particolarmente ampia ed accesa si presenta la discussione nonché il confronto fra le varie forze politiche competenti, sia nazionali che regionali, e fra gli stessi operatori del settore (insegnanti, presidi, dirigenti) in relazione alle modalità di tale ripresa. Numerose le opzioni sul tappeto: entità del distanziamento, uso delle mascherine, introduzione dei banchi monoposto, riduzione nel numero degli allievi per classe (no alle “classi pollaio”), ricerca di un numero sufficiente di aule, possibilità dei doppi turni, carenza di un numero adeguato di insegnanti a tempo indeterminato (per non ricorrere alle supplenze ed al precariato), evitare gli assembramenti e l’affollamento in entrata ed uscita, modifica dell’orario comune, problema dei relativi trasporti, uso della didattica a distanza (DAD) attraverso i mezzi informatici e via dicendo. Né va trascurata l’opinione di chi, specie fra alcuni genitori, postulerebbe una apertura delle scuole esattamente nei medesimi termini della loro precedente chiusura, come se nulla fosse accaduto, posto che il virus raramente ha aggredito persone di giovane e, in particolare, di minore età. La soluzione che verrà definitamente adottata dovrà tenere conto di tali problematiche, ma sarà contrassegnata dalla temporalità e dalla duttilità, in quanto le esigenze sanitarie hanno un invisibile interlocutore: il virus stesso.

Risposta educativa: scuola-famiglia
Oltre ai profili “tecnici”, operativi della questione, la presente situazione richiede anche una riflessione più ampia, che prescinda da tale unica prospettiva, e che possa vagliare il significato, le caratteristiche e le conseguenze del lockdown scolastico dei mesi scorsi e come tale multiforme esperienza possa influenzare la ripresa nel suo contenuto non tanto tecnico, ma essenzialmente educativo.

In ottemperanza alla parola d’ordine dei primi tempi (“restate a casa”), i genitori, nel contesto di una costante e forzata convivenza familiare, hanno potuto rendersi conto come siano loro stessi, innanzi tutto, i primi e principali educatori dei loro figli (Gravissimun educationis, n. 3), posto che la famiglia è la scuola dell’arricchimento umano (Gaudium et spes, n. 52). Certo, essendo venuti a contatto ed a conoscenza dell’attività e del contenuto dell’insegnamento scolastico dei figli, rimangono i primi, ma non gli unici educatori dei figli: spetta a loro, dunque, esercitare con senso di responsabilità l’opera educativa in stretta e vigile collaborazione con gli organismi civili (Compendio di dottrina sociale della Chiesa, n. 240).

Molteplici le conseguenze di tale semplice ma basilare asserto. La collaborazione con gli istituti scolastici respinge l’idea sia di un disinteresse per l’attività nel minore in tale contesto, visto solo come alternativa cui affidarsi per la mancanza di tempo da sottrarre all’impegno lavorativo e con la corrispondente visione della scuola non come progetto educativo, ma come un contenitore indifferenziato atto a garantire un automatico progresso teso al raggiungimento di un titolo di studio. Donde, in caso di valutazione negativa sull’impegno del figlio o, peggio, di una sua (rara, peraltro) bocciatura, l’accusa di incompetenza o di discriminazione rivolta agli insegnanti e perfino il ricorso alla giustizia amministrativa. Al contrario, la sinergia fra famiglia e scuola implica un controllo attento sul contenuto dell’insegnamento, che non si limiti alla mera istruzione, ma alla corretta formazione di una persona in continuo divenire, sulle (eventuali) difficoltà dell’apprendimento e, particolare di grande rilievo, il diritto di scelta della istituzione scolastica con possibilità di opzione verso le scuole paritarie, le quali, fra l’altro, non solo permettono un rilevante risparmio pro alunno nel costo globale per lo Stato (e non dovrebbero essere limitate con un esangue finanziamento), ma possono istituzionalmente praticare i valori dalla famiglia ritenuti fondamentali.

Necessaria relazionalità: nostalgia della scuola
Il blocco scolastico ha messo in luce il senso di appartenenza del singolo alla comunità, l’avvertita mancanza dell’accostamento materiale con i compagni e gli insegnanti stessi: in altri termini una (quasi impensata) nostalgia della scuola. Si è presentato nitido, allora, il concetto di una scuola che si identifica non solamente nella istituzione impartita, ma anche nella vita comunitaria stessa, ove i giovani hanno assoluto bisogno di praticare quella empatia che si stabilisce fra loro, nell’aspetto amicale, ludico, che li porta a stare assieme, senza distanze, senza divieti di contatti fisici di sorta, i quali, anzi, sono necessari per una armonica crescita. In ogni caso, l’utenza scolastica, a tale proposito e non solo in questo caso, non può essere generalizzata, in quanto le singole esigenze e consuetudini sono diverse a seconda dell’età, dovendo distinguere fra gli alunni della scuola primaria, quelli della secondaria inferiore e quelli della secondaria superiore (per tacere dei minori da 3 a 6 anni).

La didattica a distanza
Peraltro, anche la didattica a distanza (DAD) praticata nei mesi scorsi offre molteplici spunti di riflessione. Innanzi tutto, se praticata, dovrebbe essere accessibile a tutti: come dire che se l’alunno, per ristrettezze economiche della famiglia, è sprovvisto del mezzo tecnico (pc, tablet o similari) dovrebbe essere la comunità (Stato, Regione o Comune) a fornirlo (a titolo gratuito, in comodato, con finanziamento o forme similari) alla stregua del principio di uguaglianza onde evitare discriminazioni sociali.

Ciò premesso, la DAD rappresenta una pronunciata novità anche per l’attuale generazione dei c.d. “nativi digitali”, ossia ben usi ad avvalersi di tali mezzi con grande duttilità, ma generalmente concentrati nella frequenza dei vari social o giochi o nella banale interrogazione in internet su certi quesiti (uso di Wikipedia). Il collegamento mediante piattaforme digitali apposite con gli insegnanti che tengono lezione o procedono con il programma, ovvero istruiscono come adire a siti rilevanti per il completamento di tali conoscenze presenta una opportunità ed un rilievo innegabili: così come il poter partecipare ed interagire, mediante la medesima piattaforma, con quei compagni di classe fisicamente distanti ma resi comunque virtualmente presenti.

La prossimità degli adulti (genitori in primis) rimane pur sempre auspicabile: non solo per comprendere e vagliare tale opportunità, ma anche per mettere in guardia ed impedire il suo uso negativo: si pensi al rischio del cyberbullismo, nonché alla possibilità di accedere a siti internet caratterizzati da violenza o da pornografia, ovvero come potenziale esca in episodi di pedofilia.

Non dissimile discorso viene a coinvolgere gli insegnanti stessi: l’uso della DAD non può solamente limitarsi a proporre esattamente quello che di norma verrebbe esposto in presenza, ma cercare anche nuove forme di coinvolgimento suscitando interesse con presentazioni più attraenti, suscitando ed allargando l’attenzione verso siti maggiormente istruttivi ed impegnativi: in altri termini, cogliendo l’opportunità per un aggiornamento ed una innovazione nella loro professionalità didattica.

Ed anche in tal caso deve farsi una distinzione relativamente all’età dei destinatari: dalle accattivanti immagini per i più piccini fino alla maggiore complessità del tutto per i più evoluti. Ed ancora, il suo uso può essere il più disparato, a seconda dei casi e delle circostanze (e delle esigenze sanitarie): dalla mera sostituzione della classica lezione frontale alla complementarietà dell’insegnamento basilare, fino a mantenere vivo l’impegno, per quanto ridotto, durante le pause o le vacanze (estive o meno). Non ultimo il suo impiego, ove possibile, nell’alternanza scuola/lavoro, oppure nei tirocini, ovvero ancora nei proficui contatti con classi omologhe di diverse città o nazioni, in uno scambio di esperienze, umane oltre che didattiche, particolarmente significativo.

Educazione civica
È quanto mai opportuno sottolineare come nei programmi del prossimo anno scolastico sia stato inserito l’insegnamento dell’educazione civica. Trattasi di un’occasione di forte pregnanza, ove non solo possono venir delineati i profili dell’ordinamento costituzionale evidenziandone i princìpi etici ivi espressi quale quello della uguaglianza non solo formale ma anche sostanziale, nonché quello della solidarietà, nonché i singoli diritti ivi garantiti e la necessità dei doveri connessi. Ne deriva l’espressione di una cultura della legalità, del rifiuto del linguaggio d’odio, di ogni tipo di discriminazione. Per usare una terminologia in uso: i fondamenti di una ecologia veramente umana. Ed è scontato sottolineare, in questa sede, come tali postulati ben possono venir esplicitati e commentati alla luce dei documenti espressi nel contesto della Dottrina Sociale della Chiesa.

Conclusioni
In definitiva, l’esperienza maturata nel contesto del blocco precedente a causa della pandemia da Covid-19 dovrebbe essere tenuta debitamente presente dal mondo della scuola in occasione prossima ripresa: non una riproduzione pedissequa delle strutture e delle modalità educative precedenti né una modifica solamente attenta ad una prevenzione sanitaria, ma un modo diverso per una educazione complessiva, che non si limiti alla mera istruzione, sia pur con l’ausilio dei mezzi telematici e della DAD stessa, ma alla formazione corretta di una persona in continuo divenire. In questa prospettiva ed a tale impegnativo programma tutti sono chiamati, poiché, come afferma il Concilio Vaticano II nella Dichiarazione sull’educazione cristiana, la scuola “costituisce come un centro, alla cui attività ed al cui progresso devono insieme partecipare le famiglie, gli insegnanti, i vari tipi di associazioni a finalità culturali, civiche e religiose, la società civile e tutta la comunità umana” (Gravissimum educationis, n. 5).

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