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Dal 2010 il vento è sempre più forte

Trieste, la città della bora. Gli esperti climatologi sostengono che negli ultimi 10 anni, il nostro vento (come gli altri venti del globo) hanno subito un’impennata mentre nei 30 anni precedenti erano calati di 0,5 chilometri all’ora per decennio.

Oggi i venti soffiano più forte visto che a partire dal 2010 la loro velocità è aumentata del 7 per cento, in controtendenza rispetto a quanto registrato nei 30 anni precedenti, quando i venti erano calati del 2,3% ogni decennio, fenomeno denominato stilling e noto nella letteratura scientifica. La nuova ricerca ha sorpreso gli stessi autori, guidati da Zhenzhong Zeng dell’Università di Princeton e Cesar Azorin-Molina dell’Università di Göteborg, che due anni fa avevano diffuso un’analisi in cui dimostravano che dagli anni Sessanta la velocità del vento sulla terraferma era diminuita di 0,5 chilometri all’ora per decennio. Fatto che aveva convinto l’Unione europea a finanziare con 186 mila euro il progetto Stilling, guidato da Azorin-Molina, per cercare di dare una risposta a un fenomeno che ha importanti implicazioni in vari settori come la produzione di energia eolica, la navigazione, l’agricoltura, la qualità dell’aria e i fenomeni meteo estremi.

Le cause della diminuzione del vento non avevano trovato un consenso generale tra i climatologi che avevano indicato 3-4 indiziati: la variabilità della circolazione dell’aria dovuta alla reciproca influenza di oceano e atmosfera, l’aumentata rugosità della terraferma conseguente alla crescita del tessuto urbano e alla riforestazione specialmente nei pressi dei punti di raccolta dei dati, strumenti più sofisticati di misurazione rispetto al passato, la prevalenza dei dati dall’emisfero Nord e dalle aree abitate rispetto alla loro scarsità dalle zone più remote. L’estrapolazione della velocità dei venti ricavata dalle rilevazioni satellitari non aveva inoltre fornito risultati univoci.

Basata sull’analisi dei dati raccolti dagli anni Settanta da 9 mila stazioni meteorologiche e pubblicata su Nature Climate Change, la nuova ricerca ribalta lo scenario e indica nelle interazioni tra oceani e atmosfera il fenomeno naturale conosciuto come ocean-atmosphere oscillations, la principale causa della ripresa della velocità del vento. In particolare sono citate tre oscillazioni decennali: dell’oceano Pacifico, del Nord Atlantico e dell’Indice Tropicale Nord Atlantico, quest’ultimo descrive l’anomalia delle medie mensili della temperatura dell’acqua in superficie nell’oceano Atlantico tra il Nord Africa e il Sudamerica.

Gli autori dello studio puntualizzano che il riscaldamento globale mescola le carte e non consente di valutare appieno l’impatto delle temperature più alte sull’aumento della velocità dei venti. «Lo studio dei venti può aggiungere un tassello nella comprensione degli effetti del global warming», dice Zeng. Se i venti sono più forti crescerà la produzione eolica, componente importante del mix di rinnovabili che costituisce un fattore determinante per contenere nel 2100 entro i 2 gradi di incremento la temperatura globale rispetto alla media dell’epoca pre-industriale, come prescritto dall’Accordo di Parigi sul clima.

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