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Visita al Centro Polifunzionale e Multiculturale e sguardo nell’Orto Botanico il “Giardino dei Semplici”

associazione XXX Ottobre Trieste commissione TAM 24 corso 2025

LA POLSE DI CÔUGNES E LA CASCATA DI SALINO

Conferenza e proiezione: martedì 20 maggio 2025, alle ore 17.30, nella sede di Via Battisti 22.
Escursione e visita: domenica 25 maggio 2025.
Visita al Centro Polifunzionale e Multiculturale e sguardo nell’Orto Botanico il “Giardino dei Semplici” della
Fondazione della “Polse di Côugnes” (Zuglio).

La Polse

PROGRAMMA

Ritrovo: Piazza Oberdan (Trieste): ore 7.45. Partenza: ore 8.00.
Breve sosta lungo il percorso. Arrivo a “La Polse” intorno alle 10.30 e primi approcci alla struttura della Fondazione con visita dettagliata al “Giardino dei Semplici” lungo i terrazzamenti botanici e spiegazione soprattutto del primo terrazzo comprendente le specie commestibili e quelle velenose. A seguire, breve visita, nel limite del possibile, ai vari ambienti che costituiscono il complesso de “La Polse”: “Aula Magna”, Osservatorio Astronomico, Biblioteca, Stanze d’Accoglienza, Cappella Ecumenica, Sede degli “Scampanatadôrs Furlans”, Aula dei Dialoghi Interreligiosi.
Breve visita al Laboratorio Botanico ed all’erbario realizzato dai Volontari dell’Orto. Sguardo dal punto panoramico sull’ambiente circostante, con il Sernio/Serenat, l’Amariana ed altre cime significative.

Discesa al “Pian dei Vincoli” e salitina alla Pieve di San Pietro. Pranzo al ristorante
“Mandi” di Zuglio. Passeggiata digestiva-naturalistica lungo il But. Partenza da
Zuglio alle 15.30 circa verso la cascata di Salino.
Partenza, alle 17.00, alla volta di Trieste, con sosta durante il percorso. Arrivo a
Trieste alle 19.30 circa.
Nelle 3 immagini soprastanti: La “Pieve di San Pietro”, parte della struttura della
“Polse”, particolare delle aiuole dell’Orto Botanico del “Giardino dei Semplici”.
LA POLSE DI CÔUGNES – L’ORTO BOTANICO OVVERO IL “GIARDINO DEI SEMPLICI”
– E’ situato in
comune di Zuglio Carnico, presso l’antica Pieve di S. Pietro che, dall’alto, domina gran parte della valle del But. Occupa
un’area piuttosto limitata di proprietà della Fondazione “La Polse di Côugnes”, cui appartiene anche un complesso di
edifici ospitanti fra l’altro un centro ecumenico con cappella, una scuola di scampanio, un centro astronomico con
osservatorio, una ricca biblioteca storica ed una casa d’accoglienza. Caratteristiche: altitudine 750 m – Esposizione est –
Superficie: 600 mq circa – Numero terrazze: 4 – Numero aiuole: 1300 circa – Ciascuna specie floristica è identificata da
un cartellino con il nome scientifico della pianta, quello italiano, quello friulano, quello tedesco e quello sloveno: i
cartellini delle piante medicinali riportano, oltre la droga, anche le proprietà e l’efficacia terapeutica. Sono presenti
unicamente specie floristiche autoctone della Regione Friuli Venezia Giulia.
UN PO’ DI STORIA – Sui quattro terrazzamenti costruiti dal Gruppo A.N.A. di Bergamo nel 1996, l’Orto Botanico si
appresta ad ospitare le prime piantine. Nel 1997 i corsisti di Fitoterapia dell’Università della terza Età di Udine iniziano
a frequentare “La Polse”: da allora le aiuole si riempiono di specie autoctone che vengono sistemate con ordine, secondo
un piano preciso. Anno dopo anno, l’Orto diventa un invitante punto di riferimento per gli appassionati di botanica e per
le scolaresche. L’apporto di diversi volontari, soprattutto esperti corsisti di Fitoterapia, è determinante per realizzare il
gioiello che è il “Giardino dei Semplici”. Nel 2003 si stipula una convenzione per attività di tirocinio formativo e di
orientamento con la facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Trieste e nel 2004 le due prime studentesse del
corso di laurea in tecniche Erboristiche svolgono un tirocinio di 250 ore a “La Polse”, mentre una decina di studenti dello
stesso corso vi soggiorna, a turno, per un paio di giorni. Anche negli anni successivi diversi studenti frequentano l’Orto
e tre studentesse si laureano brillantemente compilando la loro tesi sul “Giardino Dei Semplici”.
Grazie ai contributi della provincia di Udine-Assessorato all’Ambiente si riesce a stampare i libretti della collana
“Piante Medicinali” e a dotare il laboratorio scientifico di idonea attrezzatura. La Comunità Montana della Carnia finanzia
il computer, la stampa dei depliants che pubblicizzano l’orto e un bio-trituratore per compostaggio di residui vegetali;
eroga, dal 2004, un contributo annuo per la gestione dell’orto stesso a favore degli studenti universitari.
STRUTTURA DELL’ORTO – La prima terrazza di circa 200 aiuole ospita le piante di uso alimentare seguite, ma ben
separate, da quelle velenose; si tratta esclusivamente di piante spontanee autoctone. Nella seconda e terza terrazza (circa
700 aiuole) le piante sono suddivise in base alle loro proprietà terapeutiche, raggruppate per apparati. Infatti nella seconda terrazza sono sistemate le piante che curano le affezioni dell’apparato mio-articolare, dell’apparato cutaneo e quelle che sotto il nome di “varie”, non rientrano nella cura dei singoli apparati. Nella terza terrazza si trovano le piante utili nella cura dei disturbi dell’apparato uro-genitale, dell’apparato cardiovascolare, dell’apparato respiratorio, del sistema nervoso e dell’apparato digerente. All’interno di ogni apparato le piante che hanno analoghe proprietà medicinali sono raggruppate in “sezioni” (ad esempio: apparato uro-genitale, sezione piante diuretiche) seguendo il classico ordine sistematico. Sono pure presenti diverse piante utilizzate tradizionalmente per amari-digestivi e per liquori in genere. Nella quarta terrazza (circa 400 aiuole) sono collocate, fra le altre Famiglie, le Lamiaceae, le Liliaceae, le Iridaceae, le Amaryllidaceae, le rimulaceae, le Violaceae, le Campanulaceae, le Gentianaceae, le Boraginaceae, le Scrophulariaceae, le Compositae.
Dopo l’ultima terrazza in alto sono sistemate le Felci.
IL LABORATORIO – Annesso all’Orto si trova un locale adibito a laboratorio botanico, arredato con tavoli e armadi
metallici componibili e dotato di diverse apparecchiature e materiale d’uso: è idoneo per esercitazioni botaniche a livello
universitario, ma può essere fruito anche dalle scolaresche che visitano l’Orto e da gruppi di visitatori particolarmente
interessati. Sono in corso di realizzazione: una specifica biblioteca, un esauriente schedario comprendente tutte le piante
presenti nell’Orto stesso, un erbario ed una collezione di droghe medicinali. Nel laboratorio possono essere eseguite
dimostrazioni pratiche sulla raccolta, la conservazione e l’utilizzazione delle piante officinali (ad es. polveri, infusi,
decotti, tinture, tinture madri, oleoliti, vini medicinali), nonché esercitazioni di anatomia vegetale (esame microscopico
di radici, foglie, fiori, semi).

FINALITA’ DEL “GIARDINO DEI SEMPLICI”
– Queste le finalità più importanti:
– – promuovere e divulgare la botanica in generale;
– – istituire una biblioteca specializzata in botanica contenente libri, riviste, pubblicazioni, illustrazioni;
– – realizzare un erbario comprendente le piante spontanee del territorio friulano;
– – collezionare droghe vegetali medicinali;
– – realizzare una raccolta di semi delle piante spontanee del territorio friulano;
– – promuovere il “Giardino dei Semplici” quale importante elemento di attrazione didattico-turistica;
– – promuovere nelle scuole il “Giardino dei Semplici” quale centro di educazione ambientale;
– – sviluppare una rete di collegamento per attività di ricerca scientifica;
– – istituire corsi di formazione e di aggiornamento per insegnanti;- istituire corsi di fitoterapia;
– – promuovere studi di piante alimentari selvatiche ed eventuali corsi di utilizzazione delle stesse;
– – effettuare ricerche di laboratorio;- promuovere collaborazioni con aziende, società cooperative e privati che coltivano piante medicinali o alimentari in Carnia e, più in generale, in Friuli.

PRINCIPALI PIANTE PRESENTI IN CIASCUN SETTORE – Nel corso della visita verranno illustrate, compatibilmente con il tempo a disposizione, le principali caratteristiche delle piante alimentari, di quelle medicinali e di quelle velenose presenti nel “Giardino dei Semplici”. Il termine “semplice” deriva dal latino medievale “medicamentum simplex”, “medicina semplice”, preparata con erbe medicinali. Tutto ciò in relazione con i vari apparati: mio-articolare, cutaneo, uro-genitale, cardio-vascolare, respiratorio, sistema nervoso ed apparato digerente
LIQUORI & AMARI – Numerose piante del nostro territorio si prestano per la preparazione di amari o di liquori in
genere. Di solito si utilizzano droghe da lasciare macerare per qualche settimana tradizionalmente in grappa (o molto
raramente in alcool etilico diluito). Alcuni prodotti possono avere proprietà terapeutiche, come lo sono diversi vini
medicinali, altri invece soddisfano soltanto (e non sempre!) il palato e un malcelato piacere di assunzione di alcool. Fra
le droghe per amari più comunemente impiegate si ricordano i frutti di ginepro/Juniperus communis, le sommità fiorite
dell’iperico/Hypericum perforatum, la radice della genziana maggiore coltivata/Gentiana lutea e la parte aerea del
millefoglio di Clavena/Achillea clavenae.
Nella preparazione degli amari (che non sono i liquori amari ad alta gradazione alcoolica) non si dovrebbe mai
superare i 25° gradi alcoolici, per non inibire l’attività dell’enzima pepsina.
LE INSIDIE DEL MONDO VEGETALE – Fin dai tempi più remoti l’uomo ha cercato nelle piante alimento e rimedio;
è incorso inevitabilmente in guai anche seri, ma ha accumulato, nello stesso tempo, l’esperienza necessaria a discernere
le specie utili da quelle nocive. Tuttavia ancor oggi si verificano casi d’intossicazione dovuti ad ingestione di piante
velenose: più frequentemente coinvolti risultano i bambini che, per appagare la loro naturale curiosità, assaggiano di tutto, dagli allettanti, ma insidiosi frutti a qualsiasi altra parte della pianta attraente per forma e colore.
Non mancano, però, casi d’avvelenamento anche fra gli adulti, o per uso non appropriato delle piante (soprattutto
a causa di radicate convinzioni popolari), o per automedicazioni errate, o addirittura per scambio di piante, raccolte
incautamente da persone poco esperte. Le sostanze tossiche sono variamente distribuite nei singoli organi vegetali (non è
detto che una pianta sia velenosa in tutte le sue parti), presentano concentrazioni diverse a seconda del periodo vegetativo
e con l’essiccamento possono subire trasformazioni tali da perdere gran parte della tossicità. Tali sostanze sono di natura
chimica diversa: quelle maggiormente dotate di attività farmacologica sono gli alcaloidi (composti organici azotati: pare
che non abbiano funzione né di difesa è di riserva, ma siano prodotti catabolitici, cioè sostanze di rifiuto del ricambio
proteico), gli eterosidi o glicosidi (costituiti da uno zucchero e da un aglicone: saponine, eterosidi cianogenetici, eterosidi cardioattivi, eterosidi salicilici, ecc.), gli oli essenziali o essenze (non bene definiti chimicamente, in quanto miscele di vari composti: terpeni, alcoli, esteri, fenoli, aldeidi, chetoni, ecc.). L’azione di queste sostanze si manifesta a livello degli organi interni (presentando pericolo mortale in caso di notevoli concentrazioni) oppure a livello della pelle, delle mucose, degli occhi (causando lesioni di tipo irritativo-caustico). E’ opportuno ricordare, poi, che un veleno può essere un utilissimo farmaco se assunto solamente in dosi corrette; in caso contrario può rivelarsi letale. Fra le oltre 3000 piante spontanee del nostro territorio regionale, poche decine sono velenose e fortunatamente ancor meno numerose sono quelle che possono dar luogo ad intossicazioni con esito letale.
Le più temibili sono le specie del genere Aconito/Aconitum, a fiori blu viola (Aconitum napellus/Napello e A.
paniculatum/Aconito pannocchiuto), oppure a fiori gialli (A. vulparia/vulparia e A. Lamarckii/Aconito di Lamarck). Uno
o due milligrammi dell’alcaloide aconitina, il più attivo fra le sostanze tossiche di questo genere, possono provocare la
morte di un adulto. La Belladonna/Atropa belladonna, il cui uso in medicina è assai apprezzato. E’ pericolosa in quanto
i suoi frutti possono attrarre l’attenzione dei bambini: sono sufficienti due o tre bacche per causarne la morte.
Abbastanza diffusa è la Digitale/Digitalis grandiflora, con vistosi fiori gialli disposti a grappolo: soprattutto nelle
foglie sono concentrate sostanze cardiotoniche. Analoghe proprietà farmacologiche possiede il Mughetto/Convallaria
majalis, apparentemente innocuo, ma assai velenoso in tutte le sue parti. Il Colchico/Colchicum autumnale, che fiorisce
nella tarda estate e fruttifica nella primavera successiva, contiene la colchicina, un principio attivo molto tossico in grado di bloccare perfino la riproduzione cellulare (sono sufficienti 40 mg per provocare morte certa nell’adulto): E’ sufficiente manipolare gli stami dei colchici e poi portare le dita alla bocca o agli occhi, dove la mucosa è più sensibile, per sentirne immediatamente i primi effetti. Anche le specie di Elleboro/Helleborus sono assai pericolose: Helleborus niger/Rosa di Natale, H. odorosus/Elleboro verde venivano usate esternamente contro i pidocchi, causando però contemporaneamente intossicazioni anche gravi nella persona che subiva tale trattamento.
Il Veratro/Veratrum album, cioè il Veratro comune e V. nigrum/Veratro nero da sempre tendono ad ingannare i
raccoglitori di radici di Genziana maggiore, con cui si prepara un buon amaro. Infatti il Veratro e la Genziana maggiore
crescono spesso nello stesso ambiente; poiché la raccolta viene effettuata quando la pianta è secca, non è difficile per le
persone poco esperte scambiare i lunghi steli, e quindi le radici, della Genziana maggiore con quelli del velenosissimo
Veratro, in grado di provocare la morte entro 12 ore dall’ingestione anche in piccole dosi.
Di solito non si prendono in considerazione le piante ornamentali che coltiviamo nei giardini e in casa, eppure alcune di esse sono veramente tossiche, come ad esempio l’Oleandro/Nerium oleander, un tempo usato come cardiotonico. In qualche orto può essere coltivato il Narciso/Narcissus pseudonarcissus, i cui bulbi velenosi possono venire scambiati con quelli delle cipolle ed il cui profumo dei fiori è narcotico. Doverosa riflessione: alcuni animali, per il loro particolare metabolismo, non risentono dell’effetto velenoso di certe piante mentre l’uomo, che se ne ciba, può restarne intossicato. Un esempio è dato dalle chiocciole, che si nutrono volentieri di radici di Belladonna o di Oleandro e trasmettono all’uomo, che le assume, i principi attivi tossici. L’essere coscienti del pericolo insito in pochissime specie non deve però far sorgere diffidenze o timori ingiustificati nei confronti del mondo vegetale, anzi, deve essere di stimolo ad una più approfondita conoscenza delle piante, con le quali è sicuramente utile e piacevole instaurare un rapporto più stretto quasi confidenziale, ricco di impagabili soddisfazioni.

CENNO SUL CIVICO MUSEO ARCHEOLOGICO “IULIUM CARNICUM”
-Istituito nel 1995, è allestito in un edificio storico restaurato dopo il terremoto del 1976. La sede offre una panoramica sullo stato attuale della ricerca archeologica in Carnia, con particolare riferimento alla realtà di Zuglio, ove gli scavi hanno messo alla luce i resti della città romana di Iulium Carnicum. Il materiale era precedentemente conservato presso un antiquarium locale che esisteva già agli inizi dell’Ottocento, allorché si ebbero i primi scavi regolari per iniziativa del Commissario di guerra del Regno d’Italia. Fra i materiali più significativi e curiosi si ricordano quelli di decorazione architettonica in marmo e in calcare.
Tale scelta è esposta assieme a ceramiche rinascimentali rinvenute nell’abitato di Zuglio e sul colle di San Pietro.

LA CASCATA DI SALINO – Inteso sotto l’aspetto geologico, quasi tutto il territorio di Paularo s’è formato in acqua, nella serie di mari più o meno profondi che hanno caratterizzato, prima dell’orogenesi alpina che ha fatto emergere le rocce, l’area carnica.
Ma sempre all’acqua è da ascrivere il modellamento del territorio, vuoi ai corsi impetuosi di un fitto reticolo idrografico, vuoi, prima di questi, al grande ghiacciaio Tilaventino che fino a 10.000 anni addietro sommergeva quasi completamente le Alpi Carniche giungendo fino alle porte di Udine. Salendo lungo la valle d’Incarojo dopo un acquazzone o al termine di un periodo piovoso prolungato, non si contano le cascate d’acqua che precipitano dai ripidi versanti. Alcune sono davvero mirabili per imponenza e per altezza del salto. La conformazione geologica e morfologica della vallata ha dunque consentito la creazione di pittoreschi salti di corsi d’acqua che precipitano nella sempre più profonda valle del turbolento Chiarsò o addirittura da valli che sono rimaste sospese dopo la scomparsa dei ghiacciai.
Suggestiva, in tal senso, è la “CASCATA DI SALINO” (o di Lambrugno), il cui spettacolare salto finale è di circa 30 m. Essa si riversa fragorosamente in un anfiteatro naturale formato da siltiti (rocce sedimentarie a grana fine) werfeniane risalenti a circa 250 milioni di anni fa. Il colore rossastro delle rocce prevale sui gialli e sui grigi e lo stretto
anfiteatro è incorniciato da una fresca cortina di cespugli verdi che filtra la luce del sole e lascia intravedere in alto uno scorcio azzurro di cielo. L’acqua scivola su un possente torrione di travertino giallastro che s’è formato nel tempo, in
virtù del progressivo lento deposito di carbonato di calcio. La più bella descrizione della cascata di Salino è quella che
fece Caterina Percoto dopo averla ammirata rientrando ad Arta dopo una visita all’amico G.B. Bassi. La sua descrizione
è un dipinto fatto non di pennellate, ma di parole.

A cura di Liubi ANDREUZZI e Elio POLLI

Quota di partecipazione per gli iscritti TAM-CRUT € 26
Non soci CAI € 30 + € 13 per assicurazione infortuni e soccorso alpino.
La quota comprende solo il bus che verrà noleggiato al raggiungimento della quota minima di 20 posti
Iscrizioni volendo da subito per mezzo SMS al referente Renato Spadaro, tel 3313238786, oppure martedì 20 maggio
prima e dopo la conferenza.

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