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Trieste capitale del caffè, ma quanto ci costa veramente?

raccolta caffè

Giunge in questi giorni a Trieste, capitale del , la notizia riguardante gli esiti di una ricerca condotta nell'Università del Kansas. caffè sì, ma a quale przzo? Colture intensive danneggiano biodiversità e agricoltori. L'unico segnale positivo è dato dal commercio equo.

“I prodotti che compriamo hanno un impatto su qualcuno, positivo o negativo”, dice Alexander Myers dell'università del Kansas. “Le scelte che facciamo contano”. La frase è applicabile a tutto e da tempo milioni di cittadini hanno questa consapevolezza capace di cambiare le cose. Il ricercatore l'ha formulata a proposito del caffè. Ecco perchè.

Il prezzo di un caffè è quello praticato dai baristi, ma solo dal nostro punto di vista: al Pianeta una singola tazza costa 140 litri d'acqua, più 0,1 metri quadrati di terreno, più le perdite di foreste e biodiversità.
Un prezzo, quello pagato dai Paesi spesso poveri della fascia equatoriale, che è cresciuto negli ultimi due decenni, di pari passo con l'aumento della domanda mondiale, cui si è fatto fronte cambiando i metodi di produzione agricola.
A porre l'accento sulle conseguenze ambientali del consumo di caffè sono i ricercatori dell'università del Kansas, che hanno esaminato il modo in cui la produzione di massa ha colpito la natura e le risorse economiche degli agricoltori. In nazioni come Colombia, Honduras, Guatemala, Brasile, Vietnam ed Etiopia, negli anni Settanta e Ottanta si è verificata una tecnicizzazione della produzione di caffè, volta a soddisfare la crescente domanda dell'Occidente.
Questo processo, spiegano gli studiosi, ha reso i sistemi di coltivazione simili a quelli di frumento e soia: grandi campi soleggiati hanno preso il posto dei piccoli appezzamenti di terra all' delle foreste; la varietà robusta, resistente al sole, ha preso il posto della più pregiata arabica; gli agricoltori sono stati spinti a coltivare esclusivamente caffè senza diversificare colture e fonti di reddito.
La differenza tra i due metodi è innanzitutto nel consumo d'acqua: le nuove colture intensive, dalla resa maggiore, hanno un fabbisogno molto più elevato, tanto che per una singola tazza di caffè si possono calcolare 140 litri di impronta idrica, ossia di acqua necessaria alla produzione. A confronto una tazza di tè richiede 29 litri e un quinto del terreno agricolo, stando al rapporto recentemente diffuso da ‘Friends of the Earth'.
Non solo: per far posto alle piantagioni di caffè è stata portata avanti una massiccia deforestazione, che il Wwf alcuni anni fa ha quantificato in oltre 10mila km quadrati solo in America centrale, con conseguenze anche sulla biodiversità. Gli effetti delle deforestazione sono stati indagati l'anno scorso dai ricercatori dell'università del Texas: uccelli migratori e pipistrelli hanno perso il loro habitat, le api sono andate via e con loro la preziosa impollinazione, l'ecosistema ha rinunciato ai filtri che depurano aria e acqua, il terreno si è fatto meno ricco di nutrienti e meno resistente alle piogge.
All'impoverimento della natura si è affiancato quello dei coltivatori di caffè, complice il costante calo del prezzo della materia prima. Unico segnale positivo, il commercio equo che sta aiutando gli agricoltori poveri dei Paesi in via di sviluppo. (fonte ansa)

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