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Sissa di Trieste: Creati per la prima volta dei prioni sintetici in serie

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A volte per comprendere davvero qualcosa è utile saperlo ricostruire da zero. Succede anche per i prioni: il Laboratorio di Biologia dei Prioni della SISSA di Trieste, in con l'istituto BESTA di Milano, ha assemblato in laboratorio dei prioni artificiali, mettendo a punto un metodo per sintetizzarli in serie. Le prove di laboratorio hanno mostrato che i prioni sintetici si comportano come quelli biologici e i risultati saranno pubblicati il 31 dicembre sulla rivista Plos Pathogens, una delle più autorevoli del settore.

“Ci aiuteranno a comprendere con precisione i meccanismi con cui i prioni provocano come la ‘mucca pazza', o la malattia di Creutzfeldt-Jakob”. La SISSA, in collaborazione con l'Istituto Neurologico ‘Carlo Besta' di Milano, ha stabilito le condizioni ideali in laboratorio per produrre prioni sintetici – funzionanti come quelli biologici – in maniera ripetitiva. “È la prima che si riesce a fare una cosa del genere, e le conseguenze a livello della ricerca sono importanti”.

I prioni sintetici prodotti in serie permettono di controllare con maggiore precisione la loro azione patogena negli esperimenti, spiega ancora Giuseppe Legname, il coordinatore della studio dove si spiegano la tecnica e i risultati di laboratorio. Lavorare con i prioni “naturali” infatti non è così semplice: “sono complessi e molto eterogenei” spiega Legname, e sono spesso un po' complicati da usare. “Avendoli costruiti noi, invece, quelli sintetici sono molto più controllabili, omogenei e strutturalmente definiti, e ciononostante hanno le stesse conseguenze di quelli biologici. Il nostro fine ultimo, naturalmente è quello di individuare quali meccanismi possono bloccare l'effetto patogeno, per sviluppare terapie contro queste malattie”.

Nel lavoro Legname e colleghi hanno sintetizzato prioni di topo, e hanno verificato il loro effetto nel provocare la malattia, che è risultato comparabile a quello dei prioni naturali. “Quando li abbiamo ‘caratterizzati', abbiamo inoltre osservato che sono molto simili a quelli della ‘mucca pazza' e della variante di Creutzfeldt-Jakob, la forma umana della malattia”.

Non solo “mucca pazza”
“Questa nostra linea di ricerca naturalmente è già in evoluzione. Lavoreremo infatti anche sui prioni umani, e abbiamo anche altri progetti”, spiega lo scienziato. Legname si riferisce alle ipotesi, sempre più solide scientificamente, che alla base della maggior parte delle malattie neurodegenerative vi siano molecole con meccanismi simili a quelli dei prioni. “Stiamo pensando alle molecole che provocano l'Alzheimer, come la beta-amiloide, o il Parkinson, o anche la sclerosi amiotrofica laterale. Anche in questi casi avere a disposizione molecole sintetiche potrebbe essere un passo avanti importante”.

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