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La storia dell’antica trattoria Suban di Trieste

Antica Trattoria Suban di Trieste, la storia

Agli inizi degli anni Cinquanta il testimone passa a Mario e, sotto la sua guida, la fama del ristorante raggiunge e supera i confini d'Italia anche grazie alle numerose apparizioni sia sulla stampa specializzata che sulle più importanti testate nazionali. In tale contesto l'Antica Trattoria Suban, con i suoi piatti tipici, partecipa a varie rassegne culinarie internazionali ricevendo prestigiosi riconoscimenti.
Attualmente Mario Suban è coadiuvato nella propria attività dalle due figlie, Giovanna, responsabile del servizio, e Federica che gestisce il settore culinario.

trattoria Suban staff

Ecco l'interessante intervista di Cristiano Degano a Mario Suban


L'Antica Trattoria Suban è nata nel 1865. La leggenda dice grazie ad una fortunata vincita al lotto. È appunto una leggenda o è la verità?

«È proprio così. Il mio bisnonno faceva il sarto a Miramare, al servizio di Massimiliano d'Asburgo. Una notte sognò dei numeri e li giocò al lotto sulla ruota di Vienna. Cinquina secca. Le corone vinte gli consentirono di aprire un'attività per ciascuno dei figli. A mio nonno Francesco toccò l'osteria costruita a San Giovanni grazie a quella vincita. Fu un successo, dovuto in buona parte a mia nonna che veniva da Postumia ed era una cuoca di prim'ordine».

Da allora si sono succedute diverse generazioni della stessa famiglia. Quali sono i suoi primi di “Suban”?

«Sono nato nel 1935 e quindi ho dei precisi ricordi anche dei difficili anni della guerra. Non dimentico ad esempio quei tre grandi pentoloni pieni di zuppa o di polenta con i quali i miei genitori sfamavano a mezzogiorno tanta gente del rione. Più di qualcuno, anni dopo, me lo ha ricordato con gratitudine e mi ha fatto un grandissimo piacere.»

Quando ha iniziato ad occuparsi del ristorante?

«Nei primi anni '50. Quando ho compiuto 18 anni mio padre, ottimo pasticciere, mi ha dato le chiavi del ristorante e mi ha detto: “l'attività adesso è tua.” Una delle prime cose che feci allora fu comprare una Fiat 1.100 (quante cambiali dovetti firmare!) per girare l'Italia con occhi curiosi ed imparare, soprattutto a Milano. Ricordo quando portai nel ristorante il primo frigorifero. Fu una svolta. Fino ad allora si andava a prendere il ghiaccio alla Dreher con un carretto trainato dai cavalli.»

Tante novità ma sempre nel rispetto della tradizione.

«Assolutamente. La ricetta della foto è ancora quella della mia bisnonna. E poi il prosciutto cotto col kren, il goulasch di manzo al profumo di kummel, la carne alla griglia, le patate in tecia sono rimasti sempre i punti di forza del nostro menù.»

Sono anche i piatti forti della cucina triestina che lei ha portato nel mondo. Qual è l'esperienza internazionale che le è rimasta più impressa?

«La prima, quando nel '73 mi invitarono in India, a Bombay, in un hotel da mille e una notte. Ricordo una grande cucina con ben 25 cuochi. Da allora abbiamo portato la cucina triestina in tutto il mondo. Costa D'Avorio, Emirati Arabi, Stati Uniti e, naturalmente, l'Europa: Parigi, Francoforte, Budapest. Qualche anno fa si presentarono da noi alcuni americani, avevamo il locale pieno e non sapevo proprio dove metterli. Mi dissero che avevano conosciuto i nostri piatti a Los Angeles e che, arrivati in Italia, erano venuti a Trieste per poterli riassaggiare. Trovai loro un tavolo.»

“Suban” ha avuto tanti ospiti famosi. Qual è quello che l'ha colpita di più?

«Sì, tanti attori, musicisti, cantanti e due Presidenti della Repubblica, Cossiga e Scalfaro, ma anche Saragat e Napolitano, prima di essere eletti al Quirinale, hanno cenato da noi. Il ricordo più intenso è comunque legato a Papa Wojtyla, a quella cena servita al Monastero di clausura di San Cipriano. Quando mi contattarono ho sentito una grande responsabilità, mi è persino venuta la febbre dall'emozione.»

E poi tanti sportivi. All'ingresso del locale c'è una foto che la ritrae insieme ai più forti calciatori degli anni '70.

«Fu scattata in giardino una sera d'estate. Allora i migliori venivano a Grado per le sabbiature e facevano sempre una puntata da noi. Quel giorno c'erano proprio tutti e nell'occasione istituii un premio lo “Stinco d'oro” che andò, se ricordo bene, a Fabio Capello.»

Alla sua bella età potrebbe godersi un più che meritato riposo. Invece è ancora qui ad accogliere gli ospiti. Cosa la spinge a non mollare?

«La grande passione per il mio lavoro. Le mie figlie, Federica e Giovanna, sono bravissime. Sono loro oggi alla guida di “Suban” ma non riesco proprio a staccarmi dal mio locale.»


PALACINKE ALLA MANDRIERA
Il piatto preferito da Mario Suban sono le palacinke alla “Mandriera”, meglio conosciute come crespelle al basilico. La sua idea è stata quella di abbinare le classiche palacinke, in questo caso salate, alle erbe tipiche del rione di San Giovanni. I mandrieri erano infatti dei pastori-contadini che al mattino scendevano dal Carso in città per vendere i loro prodotti, in particolare erbe e verdure della zona. Le crespelle vengono appunto spalmate con un pesto di verdure e quindi gratinate al forno.

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